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Sospeso l’assegno di mantenimento alla ex moglie malata che può lavorare

assegno

Non è legittimo richiedere un aumento dell’assegno di mantenimento per intervenuta malattia se la sindrome invocata è precedente alla separazione ed, anzi, l’assegno può essere sospeso se la patologia non impedisce all’ex coniuge di svolgere attività lavorativa.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 23322 depositata il 5 ottobre, qui sotto allegata.

Il caso esaminato dalla Corte trae origine dal ricorso di una donna marchigiana che aveva chiesto al Tribunale di Fermo una modifica delle condizioni di separazione (aumento dell’assegno di mantenimento per sé e per il figlio) sulla base di una sindrome miofasciale e presentando a tal fine una copia della domanda di invalidità civile: stando alla ricorrente, si sarebbe trattato di un aggravamento della patologia artitrica di cui aveva sempre sofferto.

La Suprema Corte ha confermato la decisione della Corte di appello di Ancona, che aveva rilevato l’incongruenza dei tempi: risultava dimostrato agli atti, infatti, che la malattia si era manifestata già prima della separazione e la stessa domanda di invalidità era stata presentata già prima dell’omologa della separazione. La richiesta di modifica dell’assegno della donna non poteva pertanto essere accolta, poiché – come ricordato dalla Suprema Corte – per chiedere la revisione delle condizioni della separazione personale occorre la rappresentazione di fatti nuovi e sopravvenuti.

Ed, anzi, secondo la Cassazione, la donna avrebbe dovuto allegare e far valere nel giudizio di merito l’incidenza della malattia sulla capacità lavorativa, mentre è emerso che la signora continuava a svolgere la sua attività di impiegata comunale e per il titolo professionale che possedeva ella avrebbe potuto svolgere anche attività per i privati; di talché è stata ritenuta corretta la pronuncia della Corte d’Appello anche nella parte in cui ha disposto una sospensione dell’assegno di mantenimento “fintanto che la donna lavori”.

Cassazione Civile, 05.10.2017, n. 23322

Cassazione Civile, 05-10-2017, n. 23322