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Assegno divorzio: verifica fiscale all’ex che lavora in “nero”

assegno

Il giudice non può tagliare l’assegno di divorzio in favore della moglie senza disporre, attraverso la polizia tributaria, verifiche sul patrimonio sull’ex marito, che pubblicizza sul suo biglietto da visita un’attività imprenditoriale non dichiarata.

Nel caso di specie, l’ex marito, che in primo grado si era visto condannare al pagamento di un assegno divorzile in favore della moglie di € 500,00, aveva ottenuto in appello il dimezzamento dell’importo.

La donna, dunque, ha impugnato tale sentenza in cassazione, contestando che i Giudici avessero erroneamente determinato il reddito dell’ex marito solamente sulla base della sommaria e parziale documentazione prodotta in giudizio, ignorando lo svolgimento da parte dello stesso di un’attività imprenditoriale non dichiarata fiscalmente; e ciò malgrado l’uomo non avesse obbedito a ben tre “inviti” che gli erano stati rivolti in primo grado, e un altro in appello, a mostrare le sue dichiarazioni dei redditi: la donna ha ribadito la necessità di opportune verifiche ed indagini di polizia tributaria – magari anche su alcuni conti correnti bancari – prima di ricavare, in contrasto con quanto deciso in Tribunale, un inferiore reddito effettivo per l’uomo, con conseguente riduzione dell’assegno.

Per la Suprema Corte il ricorso della donna meritava accoglimento: rientra nella discrezionalità del giudice il potere di disporre accertamenti d’ufficio attraverso la polizia tributaria sui redditi e sui patrimoni dei coniugi e sul loro effettivo tenore di vita, senza che sia necessaria un’istanza di parte, spiega il Collegio. Tuttavia il giudice può evitare l’accertamento solo quando lo ritiene superfluo alla luce dei dati già acquisiti; ciò che nella fattispecie in esame non era avvenuto.

Cassazione Civile, 14.09.2017, n. 21359

Cassazione Civile, 14-09-2017, n. 21359