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Cacciato di casa il figlio di una certa età

figlio

Il figlio che, pur raggiunta una certa età, non è economicamente autosufficiente non ha un diritto incondizionato a permanere nella casa familiare di proprietà esclusiva dei genitori contro la loro volontà; quest’ultimi hanno quindi il diritto di richiedere al figlio il rilascio dell’immobile, pur concedendogli un termine ragionevole.

Il Tribunale di Modena, con la sentenza dell’1 febbraio 2018 qui sotto allegata, ha affrontato il tema del mantenimento e dell’assistenza materiale nei confronti dei figli maggiorenni.

In particolare, nel caso deciso, la madre – rappresentata dall’amministratore di sostegno – ha chiesto l’immediato rilascio dell’immobile di sua proprietà nel quale aveva vissuto con il figlio fino al suo ricovero in un centro per anziani; quest’ultimo, infatti, aveva continuato a vivere presso l’abitazione senza versare alcun canone di locazione o indennità per “l’ospitalità” concessa e la madre, pertanto, qualificando giuridicamente il rapporto quale comodato precario, ne ha richiesto la restituzione immediata.

Si è costituito in giudizio il figlio, denunciando la qualificazione del rapporto quale comodato ed affermando invece che lo stesso dovesse configurarsi come adempimento spontaneo dell’obbligo di mantenimento o alimentare previsto a carico dei genitori, essendo egli privo di redditi e di mezzi di sostentamento.

Il Tribunale ha, in primo luogo, escluso che la permanenza del figlio nell’immobile potesse qualificarsi nei termini esposti da quest’ultimo, chiarendo che: “In forza dei doveri di autoresponsabilità che su di lui incombono, il figlio maggiorenne non può pretendere la protrazione dell’obbligo di mantenimento oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, poiché l’obbligo dei genitori si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di percorso di formazione”, onde evitare “forme di vero e proprio parassitismo di ex giovani ai danni dei loro genitori sempre più anziani”.

Nel caso di specie, non era emersa alcuna richiesta di alimenti formulata dal figlio, né tanto meno la volontà della madre di adempiere spontaneamente ad un’obbligazione alimentare tenendo lo stesso presso di sé.

Il Tribunale ha, quindi, classificato il rapporto di convivenza tra madre e figlio protrattosi negli anni quale negozio atipico familiare, concluso per fatti concludenti ed equiparabile al comodato senza determinazione di durata, nel quale il comodatario è tenuto a restituire la cosa oggetto del rapporto non appena il comodante la richieda.

Chiarita, dunque, la natura del rapporto tra l’attrice ed il convenuto e premesso il diritto dei genitori di richiedere al figlio – di un’età tale da presupporre una dimensione di vita autonoma – il rilascio della casa familiare di proprietà degli stessi, il Tribunale di Modena ha imposto la liberazione dell’immobile da parte del figlio sessantenne, con la concessione di un termine ragionevole di quattro mesi, commisurato alla durata del rapporto ed agli interessi familiari in gioco.

Tribunale di Modena, 01.02.2018

Tribunale di Modena, 01-02-2018