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Lei licenzia il marito dopo la separazione, ma non lo deve mantenere

licenziato

Qualora dopo la separazione un coniuge venga licenziato dalla società amministrata dall’altro coniuge non ha comunque diritto ad ottenere  un assegno di mantenimento se le sue capacità professionali gli consentono di collocarsi nuovamente nel mondo del lavoro.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con una recentissima ordinanza con la quale ha rigettato la domanda di un marito volta ad ottenere un assegno di mantenimento dalla moglie, che dopo la separazione lo aveva licenziato e lasciato quindi senza un’occupazione.

Nel dettaglio il marito ha denunciato la mancata valutazione da parte della Corte d’Appello del suo stato di disoccupazione involontaria, nonché l’errata valutazione circa lo squilibrio economico tra le parti e l’attitudine del ricorrente ad inserirsi nuovamente sul mercato del lavoro.

La Suprema Corte ha ritenuto che la Corte d’Appello (conformandosi a quanto in precedenza statuito dal Tribunale) avesse seguito un iter logico motivazionale congruo e privo di anomalie motivazionali.

In particolare la Corte d’Appello aveva rilevato che la donna non era tenuta al versamento di un assegno di mantenimento per diverse ragioni: a) il marito non aveva provato il proprio stato di disoccupazione involontaria ed il peggioramento del proprio tenore di vita; b) il marito aveva capacità lavorative che gli avrebbero permesso il ricollocamento nel mondo del lavoro; c) l’uomo aveva, altresì, percepito alla moglie, successivamente alla separazione, ingenti somme di denaro (€ 50.000,00) in relazione al pregresso lavoro e alla vendita di un immobile cointestato con la donna.

La Cassazione ha pertanto confermato il mancato diritto dell’uomo a percepire un assegno di mantenimento da parte della moglie licenziataria.

Cassazione Civile, 17.07.2018, n. 18894

Cassazione Civile, 17-07-2018, n. 18894