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Dopo lo scioglimento della comunione legale il coniuge può alienare la quota di proprietà sull’immobile

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La Corte di Cassazione ha ritenuto pienamente legittimo l’atto di compravendita immobiliare, avente ad oggetto la quota indivisa, pari alla metà, del bene oggetto di comunione legale tra due coniugi; ciò atteso che per il fallimento di uno dei due la predetta comunione si era sciolta e divenuta analoga a quella ordinaria, con conseguente libera disponibilità della quota di spettanza del coniuge non fallito.

Il fatto che la comunione legale sia chiamata “senza quote” è in realtà un artificio tecnico – giuridico, utile soltanto difendere il patrimonio familiare da intromissioni di terzi. Da qui la possibilità e la necessità di alienare il bene nella sua interezza o di espropriarlo vendendolo per intero, fintanto che perduri la comunione.

Detta fondamentale esigenza, tuttavia, non sussiste più una volta che la comunione si sia sciolta per i motivi previsti dalla legge (nella fattispecie, per il fallimento di uno dei coniugi). Per cui ciascun coniuge potrà validamente cedere a terzi la propria quota.

 

Cassazione Civile, 05.04.2017, n. 8803

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