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Il compenso del mediatore immobiliare è dovuto se ha messo in relazione le parti

mediatore

L’agenzia di mediazione immobiliare che agisca in giudizio per il pagamento dei compensi dovuti per la mediazione svolta non è tenuta a provare la propria iscrizione al ruolo degli agenti mediatori e per il riconoscimento della provvigione è sufficiente che il mediatore abbia messo in relazione le parti, non essendo richiesta la sussistenza di un nesso di causalità diretto ed esclusivo tra l’attività dallo stesso svolta e la conclusione dell’affare.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la recentissima ordinanza n. 869/18 qui sotto allegata.

Nel caso deciso, la Corte d’Appello aveva rigettato l’impugnazione proposta da due proprietari di un immobile ed aveva confermato la condanna dei medesimi al pagamento delle provvigioni per l’attività di intermediazione immobiliare svolta da un’agenzia nell’ambito di una vendita immobiliare. Nel dettaglio, il contatto procurato dall’Agenzia non era andato a buon fine, poiché la proposta d’acquisto dell’immobile era subordinata alla condizione non realizzata che il potenziale acquirente ottenesse un mutuo. Soltanto successivamente, a seguito dell’intervento di altra agenzia di mediazione, l’affare fu concluso con variazioni quanto all’oggetto della vendita ed ai soggetti acquirenti.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello i due proprietari hanno proposto ricorso per cassazione, denunciando l’illegittimità del riconoscimento della provvigione, in considerazione della mancata allegazione dell’iscrizione al ruolo degli agenti mediatori da parte dell’agenzia, nonché l’assenza di un nesso di causalità tra l’attività dalla stessa svolta e la conclusione dell’affare.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto entrambe le doglianze infondate.

Quanto al primo profilo, ha ribadito che, in quanto elemento costitutivo della domanda di chi agisca per il pagamento dei compensi, l’iscrizione al ruolo non necessita di allegazione, essendo oggetto di accertamento d’ufficio da parte del giudice.

In merito alla seconda censura, la Suprema Corte ha affermato che, ai fini del riconoscimento del diritto del mediatore alla provvigione, non è richiesto un nesso eziologico diretto ed esclusivo tra l’attività svolta dal mediatore e la conclusione dell’affare, essendo sufficiente che il mediatore abbia messo in relazione le parti, così da realizzare l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto.

Si è rivelata dunque irrilevante, nel caso di specie, la circostanza, invocata dai ricorrenti, per la quale l’affare venne concluso grazie all’intervento di una seconda agenzia di mediazione, poiché – a detta della Cassazione – l’intervento di un secondo mediatore non interrompe di per sé il nesso di causalità tra l’attività del primo e la conclusione dell’affare.

Il ricorso dei due proprietari è pertanto stato rigettato.

Cassazione Civile, 16.01.2018, n. 869

Cassazione Civile, 16-01-2018, n. 869