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È onere dell’imprenditore depositare documentazione comprovante l’esclusione della fallibilità

imprenditore

In sede di istruttoria prefallimentare l’imprenditore è onerato della prova del non superamento dei limiti dimensionali che escludono la fallibilità dell’impresa; l’omesso deposito dunque della relativa documentazione si risolve in un danno dell’imprenditore medesimo.

La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 25188 del 2 ottobre 2017, qui sotto allegata, ha rigettato il ricorso di un imprenditore dichiarato fallito dal Tribunale di Prato e così confermato dalla Corte d’Appello. Secondo quest’ultima infatti l’imprenditore, quale socio unico illimitatamente responsabile, non aveva dato prova, attraverso l’irrisoria documentazione prodotta, del mancato superamento dei limiti previsti in tema di fallimento.

Ha presentato ricorso in Cassazione l’imprenditore secondo il quale tutta la documentazione prodotta nei precedenti gradi di giudizio avrebbe dato dimostrazione dell’assoluta mancanza dei requisiti previsti dalla legge fallimentare per la dichiarazione di fallimento. Il ricorrente ha rilevato, inoltre, come l’impresa si avvalesse di una contabilità semplificata ed era per ciò tenuta alla conservazione dei soli registri Iva e non alla presentazione dei bilanci.

La Suprema Corte, confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello, ha ribadito che “l’omesso deposito da parte dell’imprenditore raggiunto da istanza di fallimento, della situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata… si risolve in un danno dell’imprenditore medesimo, che è onerato della prova del non superamento dei limiti dimensionali quale causa di esenzione dal fallimento”.

Considerato che l’accertamento di fatto circa la fallibilità dell’imprenditore da compiersi sulla scorta di tali documenti è di competenza del Giudice di merito, la Corte di Cassazione ha riconosciuto congruo e privo di anomalia motivazionale l’apprezzamento circa il valore probatorio attribuito dalla Corte d’Appello alla documentazione prodotta.

La Cassazione, infine, ha affermato che “la scelta dell’imprenditore di avvalersi della contabilità semplificata non può certo implicare una attenuazione del rigore con cui il giudice fallimentare deve apprezzare l’esistenza delle condizioni di fallibilità…”.

Rigettato il ricorso, la Suprema Corte ha confermato la dichiarazione di fallimento a sfavore del ricorrente.

Cassazione Civile, 24.10.2017, n. 25188.

Cassazione Civile, 24-10-2017, n. 25188