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Decreto ingiuntivo: il disconoscimento di documenti va fatto con l’opposizione

ingiuntivo

La fotocopia di documenti allegati al ricorso per decreto ingiuntivo si ha per riconosciuta (tanto nella sua conformità all’originale, quanto nella scrittura e sottoscrizione) se la parte non la disconosce in modo specifico e non equivoco con l’atto di opposizione a decreto ingiuntivo.

La Corte di Cassazione ha espresso detto principio in un caso in cui un condominio aveva ottenuto dal Giudice di Pace un decreto ingiuntivo nei confronti di una s.r.l. per spese condominiali scadute. La società aveva proposto opposizione al decreto ingiuntivo, che era stata rigettata dal Giudice di Pace. Proposto dunque appello, il Tribunale aveva confermava la sentenza di primo grado, respingendo le difese della debitrice, la quale ha in seguito proposto ricorso in Cassazione.

La Corte ha ritenuto infondate le doglianze prospettate. In particolare, richiamandosi a precedenti pronunce, ha evidenziato che se la parte disconosce, ai sensi dell’art. 2719 c.c. solo la conformità della copia fotografica o fotostatica rispetto all’originale, ciò non impedisce al giudice di accertare tale conformità anche attraverso altri mezzi di prova. Invece, se la parte disconosce il contenuto della scrittura o della sua sottoscrizione, il producente dovrà allegare l’originale e chiederne la verificazione ex art. 216 c.p.c; dal punto di vista processuale, nel silenzio della norma in merito ai modi ed ai termini in cui i due suddetti disconoscimenti debbano avvenire, trovano applicazione i precetti degli artt. 214 e 215 c.p.c. e, pertanto, la copia fotostatica non autenticata si considera riconosciuta – sia per la sua conformità all’originale, sia per in ordine alla scrittura e alla sottoscrizione – se la parte non la disconosca in modo completo, espresso e formale alla prima udienza o nella prima difesa successiva alla sua produzione, che, nel caso dell’opposizione a decreto ingiuntivo, non può che individuarsi nell’atto di citazione in opposizione: è questa, infatti, la prima “sede” in cui il debitore, esaminati i documenti avversari, può svolgere le proprie difese.

Nel caso di specie, ad avviso della Corte di Cassazione, il Tribunale aveva correttamente ritenuto, tra l’altro, che le contestazione formulate dalla debitrice in merito ai documenti (trattavasi di delibere assembleari) fosse generica e – come tale – irrilevante: la società si era limitata ad affermare nel ricorso in Cassazione che la sua contestazione nei gradi di merito era stata “totale”, salvo in realtà nell’atto di citazione in opposizione limitarsi ad un generico disconoscimento di “tutte le fotocopie depositate” e “della delibera” in quanto non certificate da pubblici ufficiali.

Alla luce di ciò le doglianze della ricorrente sono state respinte ed il ricorso cassato.

Cassazione Civile, 16.11.2017, n. 27233

Cassazione Civile, 16-11-2017, n. 27233