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Il danno parentale spetta anche al figlio concepito

 

Cassazione Civile, 14-02-2023, n. 4571

Spetta il risarcimento del danno da lesione del rapporto parentale anche al figlio concepito al momento dell’incidente del genitore.

E’ quanto ha affermato la Cassazione con l’ordinanza n. 4571/2023, ritenendo fondate le ragioni dei familiari di un uomo che, andando al lavoro, era stato investito da un’auto e aveva riportato gravi lesioni che portavano all’amputazione del piede sinistro.

I ricorrenti sono ricorsi in cassazione lamentando il mancato riconoscimento da parte dei giudici di primo e secondo grado del danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale ai due figli del danneggiato, il primo piccolissimo al momento del sinistro occorso al padre, l’altro ancora solo concepito.

La Suprema Corte ha ritenuto sussistente un errore di diritto nella decisione della Corte d’appello laddove aveva sottoposto ad un regime probatorio diverso la pretesa risarcitoria dei figli rispetto a quella degli altri congiunti; la sentenza impugnata, infatti, aveva preteso l’allegazione di concrete voci di danno per i figli, il cui difetto non era ritenuto superabile in via presuntiva, a differenza di quanto avvenuto in riferimento al fratello del danneggiato, non convivente.

La Cassazione, accogliendo il ricorso, ha specificato che “il danno parentale si configura anche in presenza di mera lesione del danno da perdita del rapporto parentale e che esso rappresenta un peculiare aspetto del danno non patrimoniale e consiste non già nella mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità, bensì nello sconvolgimento dell’esistenza, rivelato da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, nonché nella sofferenza interiore derivante dal venir meno del rapporto e/o dall’inevitabile atteggiarsi di quel rapporto in modo differente“.

Si tratta – ha specificato la Corte – di “danno non patrimoniale iure proprio del congiunto, il quale se ritenuto spettante in astratto – come ammesso dalla Corte d’appello – può essere allegato e dimostrato ricorrendo a presunzioni semplici, a massime di comune esperienza, al fatto notorio, dato che l’esistenza stessa del rapporto di parentela fa presumere la sofferenza del familiare“.

Cassazione Civile, 14.02.2023, n. 4571