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Se il coniuge ci ripensa, si divorzia comunque!

coniuge

In tema di divorzio congiunto la revoca del consenso da parte di un coniuge non comporta necessariamente il rigetto della domanda.

La Corte di Cassazione ha espresso tale principio, precisando che ciò vale in caso di divorzio congiunto, a differenza di quanto accade nella separazione consensuale, che ha presupposti del tutto differenti.

Nel caso esaminato, il Tribunale di Pescara aveva dichiarato improcedibile la domanda congiunta di divorzio promossa da una moglie in iniziale accordo con il coniuge e tale decisione era stata confermata anche dalla Corte d’Appello: i Giudici avevano rilevato che all’udienza di comparazione dei coniugi la moglie aveva revocato il consenso precedentemente prestato.

Il marito è pertanto ricorso in cassazione, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della legge sul divorzio, in quanto la sentenza impugnata aveva ritenuto ammissibile la revoca unilaterale del consenso alla domanda congiunta di divorzio senza considerare che – diversamente da quanto accade nella separazione consensuale – la revoca medesima non impedisce al Tribunale di accertare la sussistenza dei presupposti per la pronuncia di divorzio.

La Corte di Cassazione ha ritenuto tali doglianze fondate, evidenziando come in tema di divorzio a domanda congiunta l’accordo tra i coniugi ha natura meramente ricognitiva «con riferimento ai presupposti necessari per lo scioglimento del vincolo coniugale la cui sussistenza è soggetta a verifica da parte del tribunale», il quale ha pieno potere decisionale.

Ne consegue – ad avviso della Suprema Corte – che non è possibile una equiparazione rispetto a quanto accade nella separazione consensuale poiché ciò «si pone in contrasto con le profonde differenze riscontrabili tra le relative discipline»: nella separazione consensuale, infatti, il presupposto sostanziale è l’accordo tra i coniugi, «al quale il tribunale è chiamato ad attribuire efficacia dall’esterno, mediante un’attività di controllo che non può mai tradursi in un’integrazione o una sostituzione del consenso delle parti», mentre il divorzio congiunto «richiede una pronuncia costitutiva, fondata sull’accertamento dei presupposti richiesti dall’art. 3 della l. n. 898/1970»; conseguentemente, se la separazione consensuale produce un procedimento di giurisdizione volontaria, il divorzio congiunto costituisce espressione di giurisdizione contenziosa.

La Cassazione, pertanto, in applicazione di tali principi, ha ritenuto fondato il ricorso e cassato la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale che dovrà comunque ugualmente accertare la sussistenza dei presupposti del divorzio, nonostante la revoca del consenso manifestata da un coniuge.

Cassazione Civile, 24.07.2018, n. 19540

Cassazione Civile, 24-07-2018, n. 19540