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Unione civile: è costituzionale la permanenza all’anagrafe del vecchio cognome

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Sono costituzionalmente legittime le norme secondo cui, presso gli uffici dello stato civile, permane il cognome precedente all’unione civile (artt. 3, lett. c), n. 2), e 8 d.lgs. n. 5/2017), non avendo valenza anagrafica il cognome comune scelto dalle parti dell’unione.

Con la sentenza n. 212/18, depositata il 22 novembre scorso, la Corte Costituzionale ha dichiarato in parte inammissibile ed in parte infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Ravenna, secondo il quale entrambe le disposizioni sopra menzionate, che prevedono che le schede anagrafiche delle parti dell’unione civile vengano intestate al cognome precedente, «violerebbero, in primo luogo, l’art. 2 Cost., poiché la parte dell’unione civile verrebbe privata, d’ufficio e senza contraddittorio, del cognome comune legittimamente acquisito e utilizzato, così determinando la lesione dei diritti al nome, all’identità e alla dignità personale».

La Corte Costituzionale, tuttavia, ha ritenuto infondata la questione sotto questo profilo, osservando che «il legislatore delegato ha escluso la valenza anagrafica del cognome comune scelto dalle parti dell’unione civile. Ferma restando la facoltà di scegliere ed utilizzare tale cognome comune per la durata dell’unione, viene espressamente esclusa la necessità di modificare la scheda anagrafica individuale, la quale resta, pertanto, intestata alla stessa parte con il cognome posseduto prima della costituzione dell’unione».

La Corte ha precisato in proposito che, diversamente, l’aggiornamento della scheda anagrafica «avrebbe comportato che qualsiasi successiva certificazione anagrafica sarebbe stata rilasciata con il solo cognome modificato, con la conseguente necessità di aggiornare non solo i documenti di identità, ma anche i dati fiscali, lavorativi, sanitari e previdenziali».

Corte Costituzionale, 22.11.2018, n. 212

Corte Costituzionale, 22-11-2018, n. 212