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Testamento olografo: chi impugna deve provare l’incapacità naturale del testatore

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È onere di chi impugna il testamento olografo fornire la prova dell’incapacità di testare del “de cuius al momento della redazione del testamento stesso.

È quanto ha precisato la Corte di Cassazione, richiamando un orientamento giurisprudenziale ormai pacifico.

Nella fattispecie esaminata nella sentenza n. 28758/2017 qui sotto allegata, il fratello di una donna defunta aveva citato in giudizio il terzo fratello, oltre al marito ed al figlio della medesima, per sentir dichiarare la nullità del testamento olografo redatto dalla donna. L’attore nello specifico aveva lamentato che la stessa si trovava al momento della redazione del testamento in una condizione di incapacità naturale, dimettendo un certificato medico.

Il Tribunale aveva rigettato la domanda della donna, ritenendo privo di rilevanza probatoria il documento prodotto e respingendo le ulteriori istanze istruttorie formulate in quanto inidonee a dimostrare l’incapacità naturale della “de cuius”.

Impugnata la sentenza, la Corte d’Appello aveva confermato la pronuncia di primo grado, evidenziando che la parte impugnante il testamento non aveva fornito la prova rigorosa dell’incapacità del testatore ad autodeterminarsi nel momento in cui aveva elaborato l’atto, non essendo al riguardo sufficiente la dimostrazione di una malattia degenerativa, che – come nella fattispecie esaminata – non avesse dato luogo a segni certi di incapacità in epoca antecedente alla redazione della scheda testamentaria ed abbia, per converso, determinato un’infermità invalidante di molto successiva alla redazione stessa.

Anche la sentenza di secondo grado è stata dunque impugnata in cassazione.

La Suprema Corte ha ribadito il consolidato orientamento secondo cui, poiché lo stato di capacità costituisce la regola e quello di incapacità l’eccezione, spetta a colui che intende impugnare un testamento per incapacità del testatore provare che il “de cuius”, al momento della redazione del documento, si trovava concretamente in una situazione di menomazione della propria autodeterminazione. Al contrario, se il testatore risulta normalmente affetto da incapacità totale e permanente, sarà compito di chi intende avvalersi del testamento dimostrare che esso fu redatto in un momento di lucidità.

Nella fattispecie la Corte di Cassazione ha ritenuto che l’attore non avesse in alcun modo assolto a detto onore probatorio facendo integralmente proprie le argomentazioni della Corte d’Appello. Quest’ultima, in particolare, aveva espressamente ed adeguatamente rilevato che i documenti prodotti in giudizio (certificato rilasciato dal medico curante della “de cuius” in epoca prossima alla redazione del testamento) nonché dichiarazioni rese dall’assistente sociale del luogo non fossero state decisive per dimostrare l’incapacità della testatrice all’epoca della stesura del testamento. Parimenti non aveva ritenuto ammissibili le prove orali e l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio; le prime in quanto generiche ed inidonee a provare la reale capacità naturale della testatrice, mentre la seconda in quanto non avrebbe potuto fornire risultati attendibili avendo potuto avere ad oggetto unicamente l’esame degli atti.

L’attore si è visto pertanto respingere le domande anche dalla Suprema Corte.

Corte di Cassazione, Sez. II, 30.11.2017, n. 28758

Cassazione Civile, 30-11-17, n. 28758