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Mantenimento negato alla moglie laureata che rifiuta lavori umili

laureata

In tema di separazione personale dei coniugi, l’attitudine al lavoro proficuo dei medesimi, quale potenziale capacità di guadagno, costituisce elemento che è indispensabile valutare, ai fini delle statuizioni afferenti l’assegno di mantenimento, dovendo il giudice del merito accertare l’effettiva possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale e ambientale; donde rileva, ad esempio, la possibilità di acquisire professionalità diverse ed ulteriori rispetto a quelle possedute in precedenza, o la circostanza che il coniuge abbia ricevuto, successivamente alla separazione, effettive offerte di lavoro, ovvero che comunque avrebbe potuto concretamente procurarsi una specifica occupazione.

E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione alla quale si è rivolto un marito impugnando la sentenza della Corte d’Appello di Trieste che aveva dato piena giustificazione al rifiuto di impieghi da parte della moglie perché non adeguati al suo titolo di studio, riconoscendole il diritto all’assegno di mantenimento, disposto nella misura di € 1.000,00 mensili.

La Suprema Corte, però, ha censurato il ragionamento esposto in sentenza dalla Corte d’Appello triestina, la quale aveva mostrato di ritenere svilente che una persona laureata, avendo in precedenza “goduto di un livello di vita invidiabile”, potesse in seguito essere “condannata al banco di mescita o al badantato”.

Ai fini del riconoscimento del diritto al mantenimento, ha continuato la Suprema Corte, occorre compiere una specifica valutazione dell’attivazione concreta alla ricerca di un’occupazione lavorativa, delle proposte e dei lavori ricercati o reperiti, nonché della raggiunta prova del diritto a non compierli e delle ragioni di ciò.

Alla luce di tali principi, la Cassazione ha accolto il ricorso del marito in merito al riconoscimento di un assegno di mantenimento a favore della moglie e rinviato la causa innanzi alla Corte d’appello di Trieste in diversa composizione.

Cassazione Civile, 04.03.2021, n. 5932

Cassazione Civile, 04.03.2021, n. 5932