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Ex moglie adultera? Il padre può chiedere il disconoscimento di paternità della figlia

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La Corte di Cassazione conferma il suo consolidato orientamento secondo il quale, il termine di decadenza per l’esercizio dell’azione di disconoscimento di paternità avanzato dal padre è correlato alla scoperta in maniera certa dell’adulterio della moglie.

In particolare, la Corte ha ribadito il principio secondo il quale «la scoperta dell’adulterio, commesso all’epoca del concepimento, va intesa come acquisizione certa della conoscenza, e non come mero sospetto, di un fatto- non riducibile, perciò, a mera infatuazione, o a mera relazione sentimentale, o a mera frequentazione della moglie con un altro uomo – rappresentato o da una vera e propria relazione, o da un incontro idoneo a determinare il concepimento del figlio: quindi, il termine di decadenza per l’esercizio dell’azione è correlato alla scoperta in maniera certa dell’adulterio».
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 19 maggio – 7 giugno, n. 14243
Presidente Genovese – Relatore Nazzicone

Rilevato in fatto

– che la parte ricorrente ha proposto ricorso, fondato su di un unico motivo, avverso la sentenza della Corte d’appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, la quale ha confermato la decisione di primo grado, che, dopo avere escluso la decadenza dall’azione, ha accertato che M.S. non è figlia di M.P. ;
– che la parte intimata ha depositato il controricorso;
– che è stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis cod. proc. civ., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti;
– che la parte controricorrente ha depositato la memoria.

Considerato in diritto

– che il motivo, il quale censura la violazione degli artt. 235, 244, 2697 e 2727 cod. civ., è manifestamente inammissibile, in quanto pretende una rivalutazione dei fatti di causa, sotto l’egida del vizio di violazione di legge: ed invero, nel censurare la decisione impugnata laddove questa ha ritenuto tempestivamente promossa l’azione di disconoscimento di paternità – in quanto, sulla scorta degli elementi istruttori in atti (come l’avere a suo tempo il marito, in sede di procedimento di addebito della separazione alla moglie, allegato solo la relazione della medesima con una donna; la volontaria corresponsione di un assegno di mantenimento per la bambina creduta sua; la mancanza di qualsiasi accenno all’adulterio con un uomo nel procedimenti di separazione e di divorzio), ha reputato raggiunta la prova piena della scoperta dell’adulterio poco tempo prima dell’avvio del procedimento de quo – intende sottoporre nuovamente al giudice di legittimità il giudizio di fatto, tuttavia in questa sede precluso;
– che, del resto, la corte del merito ha fatto corretto richiamo ed applicazione del costante principio, enunciato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la scoperta dell’adulterio, commesso all’epoca del concepimento, va intesa come acquisizione certa della conoscenza, e non come mero sospetto, di un fatto – non riducibile, perciò, a mera infatuazione, o a mera relazione sentimentale, o a mera frequentazione della moglie con un altro uomo – rappresentato o da una vera e propria relazione, o da un incontro idoneo a determinare il concepimento del figlio: quindi, il termine di decadenza per l’esercizio dell’azione è correlato alla scoperta in maniera certa dell’adulterio (Cass. 26 giugno 2014, n. 14556);
– che occorre provvedere sulle spese di lite del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3000,00, oltre ad Euro 100,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed accessori di legge.
In caso di diffusione del presente provvedimento, dispone omettersi le generalità e gli altri dati identificativi delle parti, a norma dell’art. 52 d.lgs. n. 196 del 2003.