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Divorzio congiunto: se manca il coniuge in udienza non si ha rinuncia alla domanda

congiunto

In tema di divorzio congiunto, in cui il fondamento è la concorde volontà dei coniugi, la mancata comparizione all’udienza di uno dei due non equivale alla rinuncia alla domanda; l’eventuale rinuncia all’azione è configurabile solo se proposta congiuntamente dai coniugi.

La Corte di Cassazione con una recentissima ordinanza, qui sotto allegata, ha deciso in merito all’impugnazione proposta da un uomo avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello aveva confermato il divorzio congiunto tra il medesimo e la moglie già pronunciato dal Tribunale di Viterbo, nonostante le condotte processuali poste in essere dai coniugi, quali la mancata comparizione all’udienza  da parte del marito – per ben otto volte rinviata – e la rinuncia unilaterale alla domanda congiunta di divorzio formulata dalla moglie.

Nello specifico, l’ex marito si era rivolto alla Cassazione denunciando l’errata interpretazione della normativa divorzile operata dalla Corte d’Appello, che erroneamente avrebbe valorizzato un favor per la conservazione del matrimonio.

La Corte di Cassazione ha, in primo luogo, evidenziato come la domanda di divorzio congiunto si fondi sulla concorde volontà dei coniugi; sulla base di ciò il Giudice è tenuto ad un controllo solo esterno e formale attesa la natura negoziale dell’accordo medesimo, tant’è che in tale procedimento non è previsto né il tentativo di conciliazione dei coniugi né l’adozione di provvedimenti provvisori ed urgenti,  qualora l’accordo si presenti equo e rispettoso degli interessi degli eventuali figli minori presenti.

La Cassazione, inoltre, ha ribadito che alla domanda congiunta di divorzio sottende un’iniziativa processuale comune e paritetica e pertanto “deve reputarsi inammissibile una rinuncia unilaterale, poiché alla domanda congiunta possono rinunciare congiuntamente soltanto entrambe le parti”.

Alla luce di tali considerazioni, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’uomo.

Cassazione Civile, 02.05.2018, n. 10463

Cassazione Civile, 02-05-2018, n. 10463