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I crediti sorti nel corso del fallimento vanno insinuati al passivo entro un anno

passivo

L’insinuazione al passivo dei crediti sorti nel corso della procedura fallimentare incontra il limite temporale di un anno, decorrente dal momento in cui si verificano le condizioni di partecipazione al passivo fallimentare medesimo.

Trattasi di una precisazione ribadita nei giorni scorsi dalla Suprema Corte, richiamando una precedente pronuncia del 2015.

Nel recente caso esaminato, Equitalia Sud S.p.a. aveva proposto ex art. 101 L. Fall. domanda di insinuazione al passivo del fallimento di una S.r.l., deducendo un credito per ripetizione di indebito vantato direttamente nei confronti della Procedura per aver erroneamente accreditato un rimborso di conto fiscale nel conto della società dopo la dichiarazione di fallimento e che lo stesso era stato acquisito dalla Curatela fallimentare.

Il Giudice Delegato aveva ritenuto inammissibile la domanda formulata, in quanto non vi era prova della non imputabilità del ritardo con cui l’insinuazione era avvenuta.

A seguito del reclamo proposto da Equitalia Sud S.p.a. il Tribunale di Ancona aveva considerato l’istanza di ammissione più che tardiva rispetto al momento in cui il diritto di credito era sorto: in proposito aveva rilevato che, in assenza di una norma che disciplini i tempi di insinuazione del creditore sopravvenuto, questi – al pari del creditore anteriore – possa formulare domanda ultratardiva, dimostrando la propria assenza di colpa, ma si debba attivare in un termine adeguato anche alle esigenze di celerità della procedura, senza avere a disposizione un lasso temporale di dodici o diciotto mesi dall’insorgenza del diritto.

Equitalia Sud S.p.a. ha pertanto adito la Cassazione, la quale, nel pronunciarsi sul ricorso, ha evidenziato che, da un lato, nel rispetto dei principi costituzionali degli artt. 3 e 24 Cost., i crediti sopravvenuti debbano essere posti in una condizione adeguatamente accostabile a quella degli altri creditori e, dall’altro lato, debbano essere tenute in considerazione le necessità di celerità ed urgenza proprie della procedura fallimentare.

La Cassazione ha quindi ritenuto che il termine per l’istanza di ammissione al passivo di un credito sopravvenuto non possa essere indeterminato ma, proprio sulla base delle anzidette contrapposte esigenze, debba ritenersi congruo in un anno, decorrente dal momento stesso in cui si verificano le dette condizioni di partecipazione al passivo fallimentare.

In considerazione dei principi sopraesposti, la Cassazione ha respinto il ricorso della creditrice.

Cassazione Civile, 17.02.2020, n. 3872

Cassazione Civile, 17-02-2020, n. 3872