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Confini tra vicini: le distanze vanno rispettate

distanze

È legittima la richiesta di demolizione di un manufatto costruito dal vicino che non rispetti le distanze legali tra edifici, anche qualora lo stesso sia frutto della trasformazione di altro manufatto preesistente (nel caso un garage successivamente adibito a cucina)

Sul tema si è espressa la Cassazione con ordinanza n. 14294/18, depositata il 4 giugno.

Il caso esaminato traeva origine dalla citazione avanti il Tribunale di Sassari dei proprietari di uno stabile confinante con la loro proprietà degli attori: in particolare i convenuti erano stati citati in giudizio per aver realizzato nel cortile di loro proprietà un locale adibito a cucina in violazione delle norme sulle distanze legali minime; il Tribunale aveva rigettato, per quanto rileva, la domanda di arretramento o rimozione del manufatto realizzato sul terreno dei convenuti e aveva negato la conseguente richiesta risarcitoria formulata dagli attori vicini.

Proposta impugnazione da questi ultimi la Corte d’Appello aveva ritenuto di accogliere del loro doglianze, dichiarando il dritto alla riduzione e all’arretramento delle costruzione dei vicini di casa, sino alla distanza legale di 10 metri, ai sensi dell’art. 873 c.c.

Questi ultimi pertanto sono ricorsi in cassazione, lamentando che la Corte d’Appello, da un lato, non aveva tenuto conto che la costruzione realizzata dai vicini sul confine (inizialmente un garage poi adibito a cucina) «preesisteva alle altre costruzioni» e, dall’altro lato, li aveva erroneamente condannati al risarcimento del danno, in quanto per detta condanna non è sufficiente l’accertamento della potenzialità dannosa di un determinato fatto, ma è necessario anche che il danno arrecato venga quantificato.

La Suprema Corte, tuttavia, ha ritenuto infondata la prima censura e fondata la seconda.

Sotto il primo profilo, è stato richiamato il principio secondo cui le disposizioni previste all’art. 41-quinquies legge urbanistica n. 1150/1942 e all’art. 9 decreto n. 1444/1968 pongono delle inderogabili distanze minime di confine per i fabbricati ubicati in zone territoriali omogenee; e con ciò rendono inapplicabile il principio della prevenzione di cui all’art. 875 c.c., «non invocabile rispetto a distacchi assoluti, fissati con riferimento al confine», con la conseguenza che – nella fattispecie concreta – non poteva valere la prevenzione del garage rispetto al fabbricato dei confinanti sì da legittimare l’autonoma opera successiva di costruzione di una cucina.

Sotto il secondo profilo, la Suprema Corte ha ribadito il principio secondo cui «in tema di violazione delle norme sulle distanze, una volta che venga disposta la demolizione delle opere realizzate in violazione delle norme sulle distanze legali, il risarcimento del danno deve essere computato tenendo conto della temporaneità della lesione del bene protetto dalle norme violate e non già avendo riguardo al valore di mercato dell’immobile, diminuito per effetto di detta violazione, essendo il relativo pregiudizio suscettibile di essere eliminato» (Cass. n. 19132/13).

Pertanto, nel caso concreto esaminato, la Corte d’Appello erroneamente aveva ritenuto che il pregiudizio economico derivante dalla diminuzione temporanea del valore di mercato dell’immobile fosse risarcibile, dal momento che detto valore era suscettibile di essere riacquistato dal fabbricato della resistente per effetto delle demolizione del manufatto realizzato in violazione delle distanze legali.

Cassazione Civile, 04.06.2018, n. 14294

Cassazione Civile, 04-06-2018, n. 14294