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Comunione legale: l’immobile costruito su terreno di proprietà del coniuge è bene personale

La costruzione realizzata in costanza di matrimonio ed in regime di comunione legale da entrambi i coniugi sul terreno di proprietà personale esclusiva di uno di essi è a sua volta proprietà personale ed esclusiva di quest’ultimo, mentre al coniuge non proprietario, che abbia contribuito all’onere della costruzione spetta, previo assolvimento dell’onere della prova di avere fornito il proprio sostegno economico, il diritto di ripetere nei confronti dell’altro coniuge le somme spese a tal fine.

Così ha statuito la Corte di Cassazione, dopo che una donna aveva presentato avanti il Tribunale istanza di insinuazione al passivo nel fallimento del marito, esponendo di aver contratto con lui matrimonio, in regime di comunione legale, scioltasi ex art. 191 c.c. in seguito – appunto – all’intervenuto fallimento personale dell’uomo; aveva altresì dato atto di aver precedentemente promosso un procedimento di divisione dei beni ex art. 191 c.c. nei confronti della Curatela, definito con sentenza passata in giudicato, nell’ambito del quale era stato accertato il suo diritto di credito relativo alla manodopera e ai materiali impiegati nella costruzione dei beni realizzati in costanza di matrimonio sul fondo di proprietà esclusiva dell’altro coniuge, e aveva pertanto chiesto l’insinuazione allo stato passivo in prededuzione, o in subordine, in privilegio del credito ex art. 192 c.c. di un importo pari alla metà del valore dei beni immobili, oltre al risarcimento dei danni.

Il Tribunale aveva rigettato la domanda, rilevando che non vi era stato alcun accertamento nel precedente giudizio in favore della ricorrente del credito di cui era stata chiesta l’insinuazione allo stato passivo, e pure la Corte d’Appello in seguito aveva confermato detta pronuncia.

La donna, pertanto, ha proposto ricorso per cassazione lamentando, innanzitutto, che la Corte d’Appello avrebbe errato nell’attribuire carattere incidentale all’affermazione della sussistenza di un diritto di credito a favore dell’odierna ricorrente nella sentenza che aveva definito il giudizio di divisione.

La Suprema Corte, tuttavia, ha osservato che detta pronuncia – ormai passata in giudicato – nell’escludere in modo perentorio che la donna vantasse alcun diritto reale sui beni immobili costruiti sul suolo di esclusiva proprietà del marito, si era limitata a precisare che ella avrebbe potuto, al limite, invocare il riconoscimento di un diritto di credito senza operare alcun riconoscimento del diritto medesimo, né espresso né tacito; tant’è che la stessa non conteneva nel dispositivo alcuna statuizione riguardante detto presunto diritto di credito.

La ricorrente ha, inoltre, contestato alla Corte d’Appello di aver erroneamente disapplicato il principio dell’automatismo dell’acquisizione dei beni nella comunione legale.

Anche sul punto la Cassazione ha replicato, richiamando un precedente consolidato orientamento, secondo cui: “il principio generale dell’accessione posto dall’art. 934 c.c., in base al quale il proprietario del suolo acquista “ipso iure” al momento dell’incorporazione la proprietà della costruzione su di esso edificata, non trova deroga nella disciplina della comunione legale tra coniugi, in quanto l’acquisto della proprietà per accessione avviene a titolo originario senza la necessità di un’apposita manifestazione di volontà, mentre gli acquisti ai quali è applicabile l’art. 177 c.c., comma 1, hanno carattere derivativo, essendone espressamente prevista una genesi di natura negoziale”.

Conseguentemente la costruzione realizzata in costanza di matrimonio ed in regime di comunione legale da entrambi i coniugi sul terreno di proprietà personale esclusiva di uno di essi è a sua volta proprietà personale ed esclusiva di quest’ultimo; al coniuge non proprietario che abbia eventualmente contribuito all’onere della costruzione spetta il diritto di ripetere nei confronti dell’altro coniuge le spese sostenute, purchè dimostri che le somme di denaro utilizzate per l’acquisto dei materiali impiegati per la realizzazione del fabbricato costruito sopra il predetto suolo siano di sua provenienza o provengano dalla comunione legale, non potendosi in alcun modo presumere tale provenienza.

La Cassazione ha osservato come, nel caso di specie, la moglie non avesse invece fornito alcun elemento di prova idoneo a ritenere che le spese per la costruzione fossero state sostenute con denaro della comunione o suo personale e ha rilevato, pertanto, la statuizione di rigetto della Corte d’Appello fosse corretta.

Cassazione Civile, 24.02.2020, n. 4794

Cassazione Civile, 24-02-2020, n. 4794