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Condannato il padre che si finge malato per non mantenere il figlio 

malato

 

La Corte di Cassazione ha affermato a chiare lettere che non sempre lo stato di disoccupazione ed il manifestarsi di una malattia possono giustificare il venir meno dell’obbligo di mantenimento del genitore nei confronti del figlio.

Nel caso posto all’attenzione della Corte, il Tribunale di Trento aveva condanno un padre per il reato di cui all’art. 570 c.p. (che punisce chiunque si sottragga agli obblighi di assistenza familiare), avendo l’uomo omesso di versare il contributo per il mantenimento del figlio sulla base di un asserito stato di disoccupazione derivante da una cardiopatia che l’aveva reso parzialmente invalido; il Giudice di primo grado, dall’analisi dei referti medici, aveva evidenziato come lo stato di invalidità civile e l’accertamento della malattia fossero successivi al periodo di inadempimento all’obbligo di contribuzione da parte del condannato, sì da non giustificare il mancato versamento dell’assegno.

Impugnata detta sentenza, la Corte d’Appello aveva invece assolto l’uomo dal reato in precedenza ascrittogli.

Tuttavia, successivamente, la Corte di Cassazione, adita su ricorso del Procuratore Generale, ha ritenuto fondata la responsabilità penale dell’uomo – così come era stato statuito dal Tribunale in primo grado – sulla base delle seguenti circostanze: a) le condizioni di salute in cui versava l’imputato non ne avevano determinato uno stato totale e persistente di incapacità economica, avendo egli stesso ammesso di aver lavorato anche successivamente all’accertamento della cardiopatia; b) nessuna prova era emersa circa il fatto che le patologie dichiarate avessero determinato una assoluta impossibilità di svolgere attività lavorativa ; c) dall’esame dei documenti medici era chiaramente emerso che la patologia cardiaca e la parziale invalidità erano state riconosciute successivamente al lasso di tempo in cui l’uomo aveva omesso di versare il mantenimento al figlio.

Tenuto debitamente conto di tali circostanze, la Suprema Corte ha accolto il ricorso e rinviato la causa alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio.

Cassazione penale, 17.02.2020, n. 6227

Cassazione Penale, 17-02-2020, n. 6227